Quasi sei mesi fa arrivavo a Lisbona in una caldissima giornata di fine
ottobre e camminavo per le vie della città con due valigioni carichi non
soltanto di vestiti, biancheria e accessori vari, ma anche di speranze,
aspettative, ansie, dubbi, paure e timori. Era la prima volta che mi
allontanavo da casa per un lungo periodo di tempo e, di fronte alla novità e
all'ignoto, avvertivo un forte macigno sul petto. La verità è che, dopo la tesi
magistrale, sentivo più forte che mai l'esigenza di lasciare la mia zona di
conforto, di mettermi in gioco, mutando prospettive e immergendomi in un'altra
realtà. Il Portogallo allora, conosciuto e ammirato soltanto attraverso gli
occhi di scrittori, poeti e intellettuali, diventava la meta del mio Servizio
Volontario Europeo, o meglio, il punto di partenza di un viaggio alla scoperta
di me stesso. Ricordo che nei primi giorni camminai molto, macinando chilometri
e chilometri sulle bianche piastrelle del centro storico, fino ad arrivare a
Monsanto, polmone verde della zona nonché straordinaria finestra sulla città di
Lisbona, o persino a Belém, alla foce del fiume Tago, proprio laddove, qualche
secolo fa, Vasco da Gama prese il largo per le Indie.
Gli interrogativi che mi assalivano, forse fisiologici per chi come me
non è viaggiatore o avventuriero di natura, hanno lasciato presto campo alla
curiosità, al desiderio di scoprire nuove orizzonti e alla volontà di inserirsi
nel nuovo contesto sociale. I portoghesi, riservati ma sempre educati, gentili
e disponibili, hanno alleviato le mie difficoltà d'approccio, come del resto,
nel caso specifico, è avvenuto nella squadra dell'Associação Check-IN,
associazione presso la quale svolgo il volontariato.
Si tratta di un ambiente
di lavoro dinamico, giovane, ispiratore e con una chiara impronta
multiculturale; qui, ogni giorno, è possibile conoscere ed entrare in contatto
con persone differenti, scoprire nuove opportunità e respirare un forte
sentimento di unione e cooperazione. C'è sempre molto da fare in associazione:
le attività vanno dalla pianificazione di eventi e progetti di mobilità
internazionale, alla gestione di volontari e tirocinanti, passando dalla
ricerca di nuovi partner, dalla condivisione di esperienze, informazioni e
opportunità sui social network, fino all'organizzazione di sessioni/attività
nelle scuole secondarie. C'è da dire che certe volte non è facile stare al
passo col ritmo di lavoro, considerando anche gli scogli linguistici, ma in fin
dei conti sono qui per imparare e, grazie all'amicizia del team, tutto risulta
più semplice e naturale: dentro Check-IN mi sento a casa e le diverse sfide che
ogni giorno si presentano (e che si profilano all'orizzonte del mio SVE) si
palesano come nuove opportunità di crescita, occasioni per mettersi
quotidianamente alla prova.
Con il passare del
tempo, mi sento sempre più in simbiosi anche con la città di Lisbona: una
“menina e moça” sempre carina ed educata, multiforme e piena di colori,
stancante coi suoi infiniti saliscendi ma al tempo stesso affascinante e
sorprendente, come tutte le cose più belle di questo mondo. Ci vuole calma e
pazienza per godersi appieno le virtù della capitale portoghese: una soluzione
può essere quella suggerita dal grande poeta Fernando Pessoa, "sedersi al
sole e abdicare", facendosi investire dalla Luce di Lisbona, una luce che
illumina anche nei giorni bui, scuri e piovosi. Si abbassa il ritmo, si
riducono i giri del motore e ci si rilassa, magari godendosi la vista da uno dei
tanti Miradouri della città, o passeggiando dal Terreiro do Paço fino al Cais
do Sodré, soprattutto all'ora del tramonto, quando il Tago sfavilla e si tinge
d'argento, o ancora vagabondando nelle viuzze dell'Alfama, il più antico e
suggestivo bairro della città, sospesi tra il Castello di Sao Jorge e la
Baixa e persi nel tempo tra casette colorate, fadisti, vecchiette che parlano
dalle finestre, file interminabili di panni, piante d'arancio, musica di strada
e tascas caratteristiche. Amo girare per le vie del centro di Lisbona, fare
percorsi casuali, senza GPS possibilmente.
Nei mesi scorsi ho avuto anche modo di viaggiare
fuori Lisbona e visitare Beja (dove ho partecipato con la squadra di Check-IN
ad un Corso di formazione), Alcobaça, Nazaré, Obidos, Peniche, Sintra, Cascais,
Figueira da Foz (dove ho preso parte all'On Arrival Training e dove ho avuto
modo non solo di capire meglio le dinamiche del mio progetto, ma anche di
conoscere persone interessanti e “vicine”), Coimbra e Porto, per menzionare i più
importanti. Tra luoghi turistici e affollati e luoghi tradizionali e
incontaminati, ho scoperto un paese straordinario che denota molti punti in
comune con l'Italia: ogni angolo ha un pezzetto di storia, una leggenda o una
curiosità, ogni villaggio una caratteristica peculiare, un piatto o un dolce
tipico, ogni città un incanto proprio. La cucina portoghese, semplice e
saporita, non è niente male, soprattutto per quanto riguarda il pesce e i
dolci, senza dimenticare vini e liquori. Tra gli obiettivi del mio SVE, inutile
dirlo, non posso non considerare di provare quanti più tipi possibili di
Bacalhau, tra una Tasca e l'altra: ho sentito dire che ne esistono più di 100
ricette! Insomma, il richiamo della cucina italiana, al di là di pizza e
bistecca, non è così forte.
Adesso, cercando di fare un piccolo bilancio di questi sei mesi
dall'alto del Miradouro di Santa Caterina, uno dei belvedere più belli e
affascinanti della città, mi godo ancora una volta lo spettacolo del tramonto e
mi sento pù che mai sereno, soddisfatto della mia scelta. L'inquietante statua
di Adamastor mi fissa, ma non ho intenzione di cedere ai suoi solenni
ammonimenti perché ora più che mai non è tempo di ammainare le vele: siamo solo
al giro di boa e la traversata deve continuare. Perdoni la tracotanza, dio
Adamastor, ma il viaggio mi aspetta: anche io ho un personalissimo Capo di
Buona Speranza da doppiare. Proseguo...até jáaa!
Cari saluti
beijinhos e abraços